Vilhelm Hammershøi, il pittore del silenzio: dagli interni sospesi tra luce e mistero al dialogo con l’arte italiana in una mostra a Rovigo
Erede di Vermeer, precursore di Hopper. Così è stato definito Vilhelm Hammershøi, il maestro danese della pittura del silenzio. Ma cosa lega il raffinato artista del Seicento olandese al celebre pittore americano? Forse la luce, l’intimità sospesa e l’atmosfera enigmatica che permeano le loro opere.
Il pittore scandinavo, noto per i suoi interni essenziali e figure solitarie, arriva finalmente in Italia con una grande mostra a Palazzo Roverella di Rovigo, dal 21 febbraio al 29 giugno, curata da Paolo Bolpagni. Hammershøi, celebre in Europa già in vita, fu riscoperto a livello internazionale nel 1997 grazie a una mostra al Musée d’Orsay, che ne rilanciò la fama. Da allora, le sue opere hanno viaggiato nei principali musei del mondo, da Londra a Tokyo, incantando per la loro essenzialità e il loro magnetismo silenzioso.
La mostra italiana permette di addentrarsi nel suo universo artistico, fatto di spazi rarefatti e figure colte nella loro solitudine assorta, offrendo al pubblico un’occasione unica di confronto con altri artisti del su I suoi dipinti trasmettono un senso di quiete e mistero. Gli ambienti domestici, arredati con pochi elementi essenziali, sono immersi in una luce lattiginosa che enfatizza l’armonia delle forme. Le protagoniste di queste scene sono spesso donne di spalle, tra cui spicca Ida, la moglie dell’artista, figura ricorrente e simbolo del suo stile. Hammershøi è considerato l’inventore del “ritratto da dietro”, una soluzione innovativa che rafforza la sensazione di introspezione e solitudine.
La mostra di Rovigo non si limita a presentare i capolavori più celebri dell’artista, ma approfondisce aspetti poco esplorati, come il suo rapporto con l’Italia e l’influenza che ebbe su altri pittori europei. Sebbene sia universalmente associato alle atmosfere nordiche, il pittore visitò più volte la Penisola, recandosi a Roma e partecipando alla Quadriennale del 1911.
Era affascinato dalle vedute delle città italiane, che collezionava in cartoline, e studiò con attenzione i grandi maestri del passato, da Giotto a Masaccio, da Beato Angelico a Signorelli. L’interesse, tuttavia, fu reciproco. In Italia, critici come Vittorio Pica, Ugo Ojetti ed Emilio Cecchi scrissero di lui su riviste come «Il Marzocco» ed «Emporium». Molti pittori italiani, sia coevi che successivi, subirono il fascino della sua poetica del silenzio e della solitudine, che influenzò varie correnti artistiche del primo Novecento.
L’esposizione di Palazzo Roverella guida il visitatore attraverso le diverse anime della sua pittura: dagli interni silenziosi alle vedute architettoniche, dai paesaggi ai ritratti enigmatici. Il confronto con altri artisti europei evidenzia la sua unicità e il ruolo centrale che ha avuto nell’arte moderna. La mostra permette di riscoprire un artista straordinario, capace di trasformare la quotidianità in visioni sospese tra realtà e sogno.
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