L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. continua a sconvolgere: l’ultima ricerca è riuscita a ricostruire i tragici eventi minuto per minuto.
Da un punto di vista culturale, l’eruzione vesuviana che distrusse Pompei ed Ercolano è ormai un mito, una tragica e affascinate storia che riesce ad affascinare e intrigare migliaia di studiosi in tutto il mondo. Storici, conservatori dei beni culturali, archeologi e antropologi continueranno per sempre a interrogarsi sull’evento in sé e su tutte le sue conseguenze. Anche la scienza sarà sempre attratta da quella particolare esplosione, malgrado se ne parli con dovizia di particolari già dai tempi di Plinio.
Quell’eruzione è un evento simbolo, noto anche a chi è poco a suo agio con la vulcanologia o la storia Roma. Tutti sanno che ha seppellito le città di Pompei ed Ercolano sotto strati di cenere e lapilli. E che proprio quell’aggressione infuocata ha permesso di preservare in modo straordinario edifici, oggetti e persino resti umani di due delle attrazioni turistiche più visitare d’Italia.
Il poter ammirare e attraversare queste due antiche cittadine contribuisce a rendere l’esplosione del 79 d.C. una delle catastrofi naturali più famose della storia e a fare del Vesuvio uno dei vulcani più studiati al mondo. E, oggi, con le nuove tecnologie, come la tomografia computerizzata e le analisi chimiche avanzate, è possibile ottenere informazioni ancora dettagliate sui materiali eruttati e sulle condizioni delle vittime. Tutte possibilità che donano alla ricerca nuove prospettive sull’evento.
Una nuova affascinante ricerca ha ricostruito minuto per minuto l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., e ha rivelato che l’intero evento tragico dovrebbe essere durato ben trentadue ore. Questo studio è stato condotto da un team di vulcanologi dell’Università Federico II di Napoli e pubblicato sul Journal of the Geological Society.
La ricerca riesce a mostrare numerose informazioni inedite sulla precisa sequenza degli eventi. Per esempio, rivela che la colonna eruttiva raggiunse un’altezza di trentaquattro chilometri. E che le correnti piroclastiche devastarono prima Pompei e poi Ercolano. Gli studiosi hanno anche scoperto che ci furono brevi pause tra le ondate di flussi piroclastici. Ecco perché alcuni abitanti riuscirono a fuggire. Il nuovo studio, in particolare, ha identificato un periodo di circa cinque ore durante il quale fu possibile allontanarsi. Ma ha anche spiegato come molti rimasero intrappolati dalle macerie o bloccati dalla paura e intossicati dalla tempesta di detriti.
I ricercatori hanno suddiviso l’eruzione in due fasi principali. La prima, durata circa diciassette ore, che si è caratterizzata con l’eruzione vera e propria, cioè con la citata colonna alta oltre i trenta chilometri. La seconda fase è durata invece intorno alle quattordici ore e ha prodotto sei correnti piroclastiche, una più devastante dell’altra.
Per arrivare a questi dati, i ricercatori hanno combinato varie metodologie scientifiche avanzate e analisi archeologiche. Sono partiti dall’analisi stratigrafica, poi hanno usato tecniche come la datazione al radiocarbonio. Si è sfruttata l’analisi chimica dei materiali vulcanici. E infine si è lavorato con la tomografia computerizzata.
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